Scudo Sannitico stemma della città di Napoli dal 1448
Dopo l'unità d'Italia i Napoletani hanno perso la loro identità storia, perdendo tutti i punti di riferimento della propria appartenenza. Ma la storia spesso è sempre dalla nostra parte, il Simbolo che raffigura lo Scudo Sannitico oggi è del comune di Napoli oggi ha origini fin dagli albori della nascita del Regno. « Ed in vero quali colori più acconci di questi potevansi scegliere? L'oro simboleggia il sole, l'astro più bello e più splendido che feconda ed illumina la natura. Il rosso è il primo dei colori, perché quello della porpora, che era la veste dei re e degli insigni personaggi. Anzi gli scrittori di araldica dicono che lo scudo spaccato di oro e di rosso dimostra nobiltà magnanima, sovrana giurisdizione con ricchezze, ed animo congiunto alla virtù » (Carlo Padiglione, Lo stemma della città di Napoli, 18..?, pag. 73) Lo stemma della Città di Napoli è costituito da uno scudo sannitico diviso orizzontalmente a metà con la parte superiore di oro e la metà inferiore rossa. Lo scudo è timbrato da una corona turrita da città del tipo in uso prima del R.D. n. 652 del 7 giugno 1943. Sono presenti diverse leggende, per lo più di origine seicentesca, per tentare di spiegare le origini dello stemma della città, tra queste la più diffusa, sostenuta dal Summonte, è probabilmente quella che spiega come questi furono i colori con i quali vennero accolti in città l'imperatore Costantino I e sua madre Elena nel 324, quando la popolazione si convertì al Cristianesimo abiurando l'antico culto del sole e della luna a cui i due colori alludevano, in alternativa veniva ritenuto essere l'emblema delle lotte combattute all'epoca del Ducato indipendente (755-1027) contro il longobardo Principato di Benevento ed in alleanza con il normanno conte di Aversa Rainulfo. Queste tesi furono già dichiarate infondate dallo storico Bartolomeo Capasso. Stemma della città metropolitana e della ex provincia Uno dei primi simboli usato dalla città fu il cavallo, usato nella monetazione del comune di Napoli posteriore a Federico II, metà del XIII secolo, e ancor oggi presente sull'emblema della città metropolitana di Napoli. La prima attestazione documentarie dell'uso dello stemma attuale è forse un sigillo presente su un documento del 31 gennaio 1488 e perciò una delle prime ipotesi degli studiosi fu che lo stemma di Napoli discendesse da quello dei sovrani aragonesi (le famose barre d'Aragona) per il fatto che su i due simboli sono presenti gli stessi colori e che la sua adozione fosse avvenuta posteriormente alla loro conquista del regno di Napoli ad opera di Alfonso V d'Aragona, avvenuta nel 1442. In realtà il fatto che due rappresentazioni di quello che potrebbe essere l'emblema napoletano siano presenti in due documenti antecedenti, di epoca angioina, porterebbero ad anticipare la nascita del simbolo stesso. Il primo documento, i Regia carmina, è del secolo XIV, si tratta di un panegirico in onore di re Roberto d'Angiò, opera probabilmente di Convenevole da Prato, composto tra il 1328 e il 1336; in questo codice miniato è presente una miniatura in cui un vessillifero porta due insegne, la principale e più grande è la bandiera della casa reale di Francia (d'azzurro seminata di gigli d'oro), a cui gli Angioini appartenevano, mentre la seconda è più piccola ed è una semplice bandiera divisa verticalmente di colore rosso-oro; bisogna considerare che nel medioevo le bandiere venivano ottenute dagli stemmi mediante una rotazione di 90°. Dagli studiosi questo secondo simbolo, non immediatamente collegabile con niente di conosciuto all'epoca, è stato spesso ritenuto “allegorico” oppure da identificare con l'orifiamma della casa reale francese.[3] Le due ipotesi sono da scartare in quanto la prima non spiega perché ad un simbolo ben preciso (la bandiera degli Angiò) se ne debba accompagnare uno "allegorico", la seconda sottovaluta il fatto che l'orifiamma era di pertinenza del solo re di Francia oltre ad essere differente da quella qui riportata. È possibile che invece si tratti di un ulteriore simbolo angioino che in seguito passò ad identificare la città capitale del regno. Il secondo documento è un portolano la cui stesura risale agli anni 1325-1330 ad opera di Angelino Dalorto, in cui a differenza di opere coeve, a Napoli non viene assegnata l'insegna angioina ma una bandiera bicolore, del colore della pergamena nella parte dell'asta e rossa nell'altra metà. Un commentatore dell'opera avverte che «non si tratta dello stemma del reame, ma soltanto della città». Sigillo del 1488 riportante lo stemma di Napoli Sulla provenienza dei colori rosso ed oro agli Angioini, da cui passarono alla città, si può osservare che rosso-oro sono i colori della chiesa cattolica di cui essi si ersero a paladini contro l'Impero, per cui può darsi che Carlo I d'Angiò li usasse al momento del suo scontro con Manfredi; d'altra parte anch'essi utilizzavano i Pali d'Aragona in quanto discendenti da Bianca di Castiglia, inoltre il feudo di Provenza ereditato da Carlo d'Angiò proveniva anch'esso dalla casa catalana dei conti di Barcellona. Il simbolo catalano è presente in molte testimonianze angioine. La prima testimonianza in cui l'attuale stemma viene usato in un documento ufficiale della città è un atto del 31 gennaio 1488, con il quale gli Electi Civitatis Neapolis presentano un ricorso contro alcune gabelle; il documento presenta un sigillo impresso su carta a sua volta attaccata al foglio con della cera rossa, sul sigillo è presente il blasone cittadino sormontato da una corona ducale e circondato dalla legenda Sigillvm 8-Point-Star black void2.svg de Neapol. In altre epoche sono state usate forme o aggiunti simboli diversi per rappresentare lo stemma. Durante la repubblica di Masaniello del 1647 nel centro dello scudo fu posta in palo una lettera P, quale simbolo della supremazia del popolo, che poi divenne una C iniziale della parola civitas. Nel 1866 fu abbandonato l'uso, in ricordo dell'epoca in cui Napoli era capitale dell'omonimo ducato, di sovrapporre allo stemma una corona ducale, per sostituirla con una corona turrita, simbolo araldico di «volontà di libertà e di indipendenza municipale». Durante il fascismo allo stemma, in ossequio ai Regi Decreti del tempo, fu inizialmente, nel 1928, affiancato lateralmente un fascio littorio, mentre nel 1933 fu imposto il capo del Littorio poi eliminato nel 1944. Napoli in Progress