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LA VERA STORIA DELLA SIRENA PARTENOPE


Il nome Partenope, che significa “verginale”, Neapolis, ossia "città nuova" (in greco antico Νεάπολις), venne fondata, senza tema di errare, dai Cumani. Tale responsabilità di fondazione è asserita unanimemente da Strabone, Velleio Patercolo, Scimno di Chio, Lutazio e Tito Livio. Autori che da un lato rientrano in un'ottica cumana, dipendendo da fonti cumane, Patercolo, Strabone e Pseudo-Scymno, e dall'altro rientrano in un'ottica neapolitana, dipendendo da fonti neapolitane, Livio e Lutazio. I ritrovamenti archeologici dimostrano che il pianoro di Neapolis era diffusamente frequentato almeno dalla metà del VI secolo a.C.[11] e che la "città nuova" sia da ricondurre alla fine dello stesso[3]. La città venne concepita come una nuova Cuma ed in base ad uno schema planimetrico ortogonale si estendeva nel pianoro compreso tra le attuali chiese di Sant'Aniello a Caponapoli (p.zza Cavour), dei SS. Apostoli (San Lorenzo) e di Santa Maria Egiziaca (Forcella). La fondazione di Neapolis è da ricondurre all'aristocrazia cumana estromessa da Aristodemo di Cuma dopo la battaglia di Aricia nel 507-506 a.C.; oppure può essere ricondotta agli ultimi venticinque anni del VI secolo a.C., durante quel particolare clima politico che annunciò l'istituzione della Tirannide di Aristodemo, a Cuma[10]. « Così cantava Parthenope, che provava un dolore dolce La sua voce era una freccia che colpì il mio cuore. » Il mito della sirena Parthenope (in lingua greca Παρθενόπη) nasce dalla tradizione del popolo, di origine greca, dei Cumani. Le poche notizie che ci sono giunte al riguardo concernono soltanto una corsa con le fiaccole che ogni anno si compiva in suo onore (le cosiddette Lampadedromie); tuttavia il nome di quella che pare fosse la più bella sirena del golfo, sepolta secondo la leggenda sempre nelle vicinanze di Napoli, rimane oggi utilizzato per definire la regione napoletana. Pare che la sirena in questione sia morta nel luogo in cui oggi sorge Castel dell'Ovo e proprio lì sia stata sepolta una dei patroni di Napoli, santa Patrizia. La sirena Parthenope Molte sono le leggende che la riguardano: secondo alcune, morì dopo un rifiuto da parte di Ulisse; altre raccontano, invece, che Parthenope ebbe una storia con un uomo greco e con questi fuggì su un'isola del tutto sconosciuta. Secondo un'altra leggenda, invece, gli Argonauti passarono per l'isola dove viveva la sirena e Orfeo, che anche prese parte alla spedizione, suonò la cetra; Parthenope morirà quindi suicida, affogandosi in mare. Da fonti leggendarie e definibili antropologiche, sembra che proprio da queste due figure nasca la città di Napoli. A Napoli la sirena Parthenope era venerata come dea protettrice; per esempio, Virgilio utilizzerà il suo nome in senso poetico. Anche Napoleone utilizzerà questo toponimo quando fondò la Repubblica Parthenopea, altrimenti detta Repubblica Napoletana del 1799 (del resto, ancora oggi in tedesco si ricorda questa repubblica come Parthenopäische Republik). Una buona descrizione di Parthenope è offerta da Matilde Serao: « Parthenope non è morta, Parthenope non ha tomba, Ella vive, splendida giovane e bella, da cinquemila anni; corre sui poggi, sulla spiaggia. E' lei che rende la nostra città ebbra di luce e folle di colori, è lei che fa brillare le stelle nelle notti serene (...) quando vediamo comparire un'ombra bianca allacciata ad un'altra ombra, è lei col suo amante, quando sentiamo nell'aria un suono di parole innamorate è la sua voce che le pronunzia, quando un rumore di baci indistinto, sommesso, ci fa trasalire, sono i baci suoi, quando un fruscio di abiti ci fa fremere è il suo peplo che striscia sull'arena, è lei che fa contorcere di passione, languire ed impallidire d'amore la città. Parthenope, la vergine, la donna, non muore, non muore, non ha tomba, è immortale ...è l'amore. » Napoli in Progress


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